lunedì 3 dicembre 2012

LA FANTASIA DISTRUGGERA' IL POTERE ED UNA RISATA VI SEPPELLIRA......

Scrivo questo post, sotto forma di lettera aperta e indirizzandolo ad un ipotetico Raffaele,dopo aver  letto su Facebook degli interventi da parte di alcuni utenti che motivavano le occupazioni da parte degli studenti come  voglia solo di far baldoria ed evitare le lezioni.
Sono il padre di un ragazzo che in questi giorni ha partecipato all " occupazione" della scuola. Devo dirti Raffaele che la tua visione del mondo giovanile è lontana anni luce dalla mia. Ho visto negli occhi di mio figlio e in quello dei suoi compagni la " passione " . La passione di poter dire la loro in una società che tende sempre dii più ad emarginarli, la passione di fare politica, al di la di strumentalizzazioni, per poter cercare di non arretrare nei loro diritti, frutto "anche" delle lotte di chi è stato studente qualche anno fa. E' facile far passare l'occupazione delle scuole per " giorni di vacanza e di baldoria", ma ti ripeto , Raffaele, nei giovani io ho visto la voglia di cambiamento per una società più giusta. Nei volti degli operai , hai detto che vedi la vera disperazione; anch'io vedo la disperazione in quei volti, ma non solo per la difesa di un posto di lavoro; vedo la disperazione anche di un futuro per i figli studenti. E gli studenti nei volti dei lavoratori vedono il volto del proprio padre. E' naturale e auspicabile che studenti e lavoratori marcino insieme. In risposta ad un post di V.F.che rimarcava come  200 studenti del Diaz avevano,  partecipato con interesse ad una assemblea sul razzismo, hai tenuto a sottolineare come 200 studenti  non erano la maggioranza degli studenti di quel liceo, ora io ti chiedo: e quando riusciranno ad avere 200 ragazzi nelle loro assemblee? o sei convinto che la democrazia sia solo scegliere tra un Bersani o un Renzi? Tu Raffaele parli di squadrismo fascista da parte di questi ragazzi perchè impediscono il regolare svolgimento delle lezioni, io ti dico che il .Fascismo è tentare di stroncare questa vivacità dei giovani.

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venerdì 9 novembre 2012

Il Pudore e i diritti

Matteo 5,3-12


3 «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.

4 Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.

5 Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.

6 Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.

7 Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.

8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

9 Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

10 Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.

11 Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. 12 Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi.



Questo passo del Vangelo di Matteo, mi è risuonato nella testa, durante una assemblea nella quale si discuteva di estendere i benefici di esenzioni e riduzioni nel pagamento della T.A.R.S.U. ( la tassa comunale sui rifiuti). Quello che mi colpiva era vedere nei volti dei pochi ( rispetto alle persone  potenzialmente interessate ai benefici proposti) presenti una maschera di nobile distacco da affari che trattassero il cambiamento delle loro condizioni.
Era come se mostrare in pubblico la propria " miseria" non fosse onorevole. Il pudore nel " non " raccontare di uno stile di vita che il modello ISEE lasciava intuire sovrastava la richiesta di equità fiscale e sociale e nemmeno la condivisione con gli altri astanti dei medesimi problemi riusciva a lasciare il posto a sentimenti che mi sembravano più adatti: rabbia, ribellione, indignazione.
A distanza di qualche giorno mi interrogo su quanto visto e sentito. Cerco delle risposte alle domande che mi pongo.
Perchè le classi " umili " subiscono da secoli? I Diritti sono una forma di violenza che una parte dell' Umanità ne fa ad un'altra? Cosa impedisce l'accettazione della propria condizione e quindi il tentativo di cambiarla? Quale è il limite della rassegnazione? e quando comincia la ribellione?
Il discorso si sposta da un'assemblea di quartiere di una piccola città al Paese, a organismi Sovranazionali, al Mondo intero.
Andando a ritroso nei secoli vedo che accanto a masse di " poveri" è sempre esistita la " Casta", vuoi quella sacerdotale, dei nobili, dei cavalieri, dei politici. Sono quelli che ti impongono lo stile di vita, quelli che ti impediscono di alzare la testa, quelli che ti impongono i diritti, quelli che ti fanno credere che Tu devi essere come sei.
Continuerò a cercare risposte...

mercoledì 2 maggio 2012

antipolitica, demagoghi, sepolcri imbiancati

"La politica, secondo un'antica definizione scolastica, è l'Arte di governare le società. Il termine, di derivazione greca (da polis "πόλις", città), si applica tanto all'attività di coloro che si trovano a governare quanto al confronto ideale finalizzato all'accesso all'attività di governo o di opposizione. "


"Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, "popolo", e agein, "trascinare") che indica un comportamento politico che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore. Spesso il demagogo fa leva su sentimenti irrazionalie bisogni sociali latenti, alimentando la paura o l'odio nei confronti dell'avversario politico o di minoranze utilizzate come "capro espiatorio".
Lo storico Tucidide definiva "demagoghi" (capi popolo) tutti gli Ateniesi che, in seguito alla morte per peste di Pericle nel 429 a.C., cercavano di prendere il suo posto ingannando e seducendo l'assemblea popolare ateniese, tramite false promesse ed istigazione contro gli avversari politici. Fu Platone, nel "Politico" e nelle "Leggi", a dare un'ulteriore definizione di demagogia: questa è nient'altro che la forma di governo corrotta che deriva dalla democrazia, forma virtuosa del governo di molti. "

"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
· Signore, se anch'io sono un sepolcro imbiancato, aiutami a riconoscerlo e a provvedere in tempo, prima che arrivi la morte a mettere il suo punto alla mia vita. 
· Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti. Ebbene, colmate la misura dei vostri padri! " (Mt 23)

In questi giorni si parla molto , forse troppo, di antipolitica, demagoghi e salme.
Nel cappello introduttivo a questo post ho inserito le definizioni che dà Wikipedia dei termini. Ritengo che l'etimologia delle parole aiuti a far chiarezza .
Tendiamo a confondere l'antipolitica con il rifiuto dell'attuale gestione dello Stato da parte dei Partiti, Sindacati, Chiesa.
Il termine antipolitica, oggi, viene usato, da chi gestisce il Potere, con un'accezione negativa; non si riconosce il valore positivo e soprattutto dinamico. In ogni epoca a un Potere costituito si è contrapposto un diverso modo di gestire la " cosa pubblica". Non andando troppo lontano , ricordo a te paziente lettore, che chi parla oggi di antipolitica è lo stesso che venti anni fa si scagliava contro la degenerazione dei partiti , innalzava forche virtuali e in maniera " demagogica" speculava negli anni di Tangentopoli. 
Quello che vedo oggi è invece uno straordinario processo di voglia di fare politica, e fare politica non vuole certo dover dire o dare tutte le soluzioni a tutti i problemi che la gestione dello Stato comporta. La fase attuale che vive la società è una fase "liquida" dove le certezze si frantumano sotto i colpi che il" movimento delle idee " porta.
Michel Maffesoli traccia con " Il tempo delle tribù" i percorsi di un'autentica sociologia del presente. Irresistibilmente, le società moderne si trasformano. Polverizzazione del corpo  sociale, inaridimento delle istituzioni, crollo delle ideologie, trasmutazione dei valori: al di là della società di massa, che a lungo ha definito una delle forme della modernità, si profilano ormai le nuove figure di una socialità esuberante e polimorfa di cui Michel Maffesoli delinea in questo libro i contorni. "Il tempo delle tribù" è anche un'analisi ragionata delle società di oggi, un'esplorazione metodica delle loro metamorfosi, per cui agli ideali della Ragione si sostituiscono i sentimenti e le emozioni, alla logica dell'identità la logica dell'affetto. Siamo entrati nell'era delle "tribù", delle reti, dei piccoli gruppi, di aggregazioni effimere ed effervescenti. 
Le domande che ci dobbiamo porre ora sono:
La Politica si identifica con i Partiti o con i movimenti ( comitati di quartiere, associazioni, movimenti per la rivendicazione di un solo interesse)?
A chi spetta la gestione della " cosa pubblica" ?
Dalla risposta che daremo chiariremo, prima a noi stessi e poi alla collettività, in che modo  ci poniamo di fronte al termine " antipolitica"  e se possiamo definirci cittadini attivi. 

mercoledì 11 aprile 2012

è stata tua la colpa

È stata tua la colpa allora adesso che vuoi? 
Volevi diventare come uno di noi, 
e come rimpiangi quei giorni che eri 
un burattino ma senza fili 
e adesso i fili ce l'hai!...Adesso non fai un passo se dall'alto non c'è 
qualcuno che comanda e muove i fili per te 
adesso la gente di te più non riderà 
non sei più un saltimbanco 
ma vedi quanti fili che hai!... 



La colpa non è mai " mia ". La colpa è sempre dell'"altro". Adamo non accetta la sua colpa, la colpa è di Eva.... Eva non accetta la colpa, ma la scarica sul serpente...
Perchè queste riflessioni?  Facevo zapping e mi sono imbattutto su Bossi...  La difesa di quest'individuo , contro ogni evidenza, era al limite del grottesco... Le teorie del complotto, dei poteri forti, Roma ladrona... li per li sono passato dal riso (amaro) a una sorta di abbattimento.. In Bossi vedevo tanti " noi" che scaricano le colpe sull'altro.......

mercoledì 15 febbraio 2012

lo spazio e la libertà


La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione ..
(G. Gaber)


è nato è nato è nato


n’atu centro sociale occupato


n’atu centro sociale occupato


e mò c’ ’o cazzo ce cacciate


(99 POSSE)




L'importanza dello spazio, come luogo o non luogo, dove esercitare i diritti di libertà propri dell'Uomo, quali quelli di espressione, di parola, di manifestazione ha da sempre interessato filosofi, sociologi e politici. Il luogo idealizzato è l'agorà di memoria greca, il primo esempio di spazio pubblico. 
Per spazio pubblico si intende generalmente il luogo simbolico delle libertà civili, questo luogo simbolico è regolato dalle leggi e costituisce il terreno delle libertà democratiche che consentono di regolare i conflitti sociali e politici ed il confronto con i poteri costituiti. Spazio pubblico è quindi una nozione cardine delle scienze umane e sociali. Definito in primo luogo da Kant è argomento di riflessione per molti  che si concentrano sulle profonde trasformazioni avvenute nell'ultimo secolo nel rapporto tra sfera pubblica e privata.
Hannah Arendt, affascinata dall'ideale greco dell'agorà, pensava che lo spazio pubblico fosse stato usurpato dall'irrompere sulla scena politica dei problemi sociali del lavoro e dei bisogni, che ciò comportasse la riduzione degli esseri umani a essere un riflesso degli automatismi della produzione e del consumo sottraendo loro l'opportunità di dibattere e agire politicamente. Individua le tre condizioni dell'esistenza: il lavoro che assicura la sopravvivenza, la produzione che genera il mondo concreto in cui viviamo e lo spazio pubblico in cui gli individui interagiscono mediante la discussione cui segue l'azione come conseguenza prevalente. In questa dimensione lo spazio pubblico ha il significato politico di azione collettiva che può assumere anche l'aspetto della disobbedienza civile, come emerge in alcuni scritti nei quali la Arendt sostiene il dovere politico della partecipazione come fondamentale espressione di libertà.
Per Zygmunt Bauman esiste nella società moderna un crescente divario tra la condizione de jure e la condizione de facto degli individui. Tale divario si è creato ed ampliato a causa dello svuotamento dello spazio pubblico ed in particolare dell'agorà, luogo intermedio, pubblico/privato, dove la politica della vita incontra la Politica con la P maiuscola.
In Arendt e Bauman s'intravvede un filo comune che denota una nostalgia per lo spazio pubblico classico, quello nel quale i cittadini si radunavano per discutere dei fatti riguardanti la città secondo un ideale di vita politica retta dal dialogo e dall'argomentazione.
Daniel Innerarity si domanda se è possibile ridefinire percorsi di democrazia nei quali la sfera pubblica sia intesa come luogo di riflessione sull'interesse collettivo e non già come sommatoria algebrica d'interessi particolari, dove la politica abbia preminenza sull'economia e la comunicazione libera sovrasti la comunicazione commerciale. È possibile ripensare lo spazio pubblico come occasione per generare una nuova cultura politica capace di vedere sul lungo termine, di ridefinire le responsabilità dei singoli e ciò che è comune partendo dalle differenze e dalla complessità delle società attuale? Una difficoltà nel definire lo spazio pubblico contemporaneo sta nell'indebolimento di ciò che può essere identificato come comune. I sistemi sociali contemporanei sono più complessi che in passato, non possono definire ciò che è comune in termini ultimativi e incontrovertibili tanto più in presenza di una grande pluralità di identità sociali e culturali. Le identità,secondo Innerarity, dovranno essere intese come realtà flessibili, non dovranno chiudersi in se stesse ma valorizzare le singole culture nell'incontro, nella traduzione e narrazione a coloro che sono altro da noi.
Anche se non si può prescindere dal fatto che lo spazio pubblico contemporaneo non può essere inteso come omogeneo e fondato sul consenso, secondo un'idea antica di comunità, bensì va visto come qualcosa di plurale e di incompiuto, caratterizzato da differenze interne e antagonismi, rispettoso della complessità delle nostre società, tuttavia l'agire politico è inscindibile dalla formazione di una comunità, di un vincolo umano dotato di senso, ed è questo un aspetto che implica necessariamente il rifiuto di ogni esercizio di dominazione o di neutralizzazione della pluralità. La sua ambizione più legittima consiste nel promuovere un immaginario positivo del vivere insieme che sia capace di rafforzarsi continuamente attraverso la prospettiva di un agire comune.
A tale scopo può contribuire la democrazia deliberativa che mira a definire luoghi dove costruire in comune orizzonti sociali che prendano atto delle differenze d'interessi ma al contempo non siano mera negoziazione degli stessi. Il potere si potrà configurare come cooperativo, sottratto ai meccanismi di controllo statale autoritario e potrà funzionare con i meccanismi propri dei sistemi complessi, dinamici, flessibili, tendenzialmente autoregolanti.
In quest'ottica  nasce l'esigenza di occupazione di spazi inutilizzati e fruizione degli stessi da parte di nuovi soggetti, spesso esclusi dalla vita democratica del Paese.La funzione di un Centro sociale autogestito, secondo una mia personalissima visione, non è quella di pura contrapposizione al Potere ( più o meno rappresentativo e/o espressione degli elettori), perchè in questo modo legittimerebbero questo Potere, ( se mi siedo allo stesso tavolo in qualche modo riconosco una tua autorità o valenza), ma fornire una diversa chiave di lettura della società nella quale ci muoviamo. Non fornire " servizi ", seppure alternativi a quelli in essere, ma nella più ampia accezione del termine libertà provare ad inventare un mondo dove prevalga la fantasia, dove tutti, nella massima libertà, si possano fare beffe del potere.
" quando passa il gran signore,
il saggio villico fa un profondo
inchino e silenziosamente
scorreggia"
Proverbio etiope

martedì 31 gennaio 2012

il talento

Matteo 25,14-30


14 Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.


Riflessioni di inzio anno.
Cos'è il talento? chi può giudicarlo?
dopo la tragedia della Costa Concordia quanti capitani di lungo corso si sono affacciati nei vari talk show... vallete, infermieri, operai tutti a parlare di scotta , prue e poppe. Un ministro può giudicare sfigato chi non ha la sua " fortuna" di diventare professore ordinario universitario a 29 anni ?
Il talento è vivere il proprio quotidiano senza fare cose eccezionali, semplicemente facendo al meglio quanto viene chiesto. Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni.

venerdì 6 gennaio 2012

L' anno che verrà


Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po' 
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò. 
Da quando sei partito c'è una grossa novità, 
l'anno vecchio è finito ormai 
ma qualcosa ancora qui non va. (Lucio Dalla)




Quando comincia un nuovo anno, tutti ci domandiamo che anno sarà, sarà migliore di quello trascorso, che cosa ci riserva il futuro. L'Uomo da sempre, per combattere la sua posizione di infinitesimale piccolezza nel complesso del Cosmo, ha creduto di dividere il Tempo in frazioni sempre più piccole , come a poter stabilire una supremazia su un concetto, quello del Tempo, che va oltre la misera ed effimera natura umana. Come sorta di riparazione, l' Uomo si rivolge alle stelle, per determinare il futuro, il Tempo che verrà. 
La paura dell'ignoto e la voglia di andare oltre l'immaginabile, questo convive nell'Uomo, ed ecco le date fatidiche: 1000 e non più di 1000; il 2000, ora il 2012 con la profezia Maya; in tutte le culture e religioni viene il Giorno del Giudizio o l'Apocalisse,  tenendo conto del duplice significato del termine: o in senso figurato come devastazione totale, cataclisma rovinoso,disastrosa sciagura, o nel suo senso etimologico di rivelazione
Che vuol dire anno nuovo o anno trascorso?
Gramsci diceva  "Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della  vita e dello spirito."
Cosa mi aspetto da questo 2012 ? non perdere il senso della continuità della vita e dello spirito.