mercoledì 15 febbraio 2012

lo spazio e la libertà


La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione ..
(G. Gaber)


è nato è nato è nato


n’atu centro sociale occupato


n’atu centro sociale occupato


e mò c’ ’o cazzo ce cacciate


(99 POSSE)




L'importanza dello spazio, come luogo o non luogo, dove esercitare i diritti di libertà propri dell'Uomo, quali quelli di espressione, di parola, di manifestazione ha da sempre interessato filosofi, sociologi e politici. Il luogo idealizzato è l'agorà di memoria greca, il primo esempio di spazio pubblico. 
Per spazio pubblico si intende generalmente il luogo simbolico delle libertà civili, questo luogo simbolico è regolato dalle leggi e costituisce il terreno delle libertà democratiche che consentono di regolare i conflitti sociali e politici ed il confronto con i poteri costituiti. Spazio pubblico è quindi una nozione cardine delle scienze umane e sociali. Definito in primo luogo da Kant è argomento di riflessione per molti  che si concentrano sulle profonde trasformazioni avvenute nell'ultimo secolo nel rapporto tra sfera pubblica e privata.
Hannah Arendt, affascinata dall'ideale greco dell'agorà, pensava che lo spazio pubblico fosse stato usurpato dall'irrompere sulla scena politica dei problemi sociali del lavoro e dei bisogni, che ciò comportasse la riduzione degli esseri umani a essere un riflesso degli automatismi della produzione e del consumo sottraendo loro l'opportunità di dibattere e agire politicamente. Individua le tre condizioni dell'esistenza: il lavoro che assicura la sopravvivenza, la produzione che genera il mondo concreto in cui viviamo e lo spazio pubblico in cui gli individui interagiscono mediante la discussione cui segue l'azione come conseguenza prevalente. In questa dimensione lo spazio pubblico ha il significato politico di azione collettiva che può assumere anche l'aspetto della disobbedienza civile, come emerge in alcuni scritti nei quali la Arendt sostiene il dovere politico della partecipazione come fondamentale espressione di libertà.
Per Zygmunt Bauman esiste nella società moderna un crescente divario tra la condizione de jure e la condizione de facto degli individui. Tale divario si è creato ed ampliato a causa dello svuotamento dello spazio pubblico ed in particolare dell'agorà, luogo intermedio, pubblico/privato, dove la politica della vita incontra la Politica con la P maiuscola.
In Arendt e Bauman s'intravvede un filo comune che denota una nostalgia per lo spazio pubblico classico, quello nel quale i cittadini si radunavano per discutere dei fatti riguardanti la città secondo un ideale di vita politica retta dal dialogo e dall'argomentazione.
Daniel Innerarity si domanda se è possibile ridefinire percorsi di democrazia nei quali la sfera pubblica sia intesa come luogo di riflessione sull'interesse collettivo e non già come sommatoria algebrica d'interessi particolari, dove la politica abbia preminenza sull'economia e la comunicazione libera sovrasti la comunicazione commerciale. È possibile ripensare lo spazio pubblico come occasione per generare una nuova cultura politica capace di vedere sul lungo termine, di ridefinire le responsabilità dei singoli e ciò che è comune partendo dalle differenze e dalla complessità delle società attuale? Una difficoltà nel definire lo spazio pubblico contemporaneo sta nell'indebolimento di ciò che può essere identificato come comune. I sistemi sociali contemporanei sono più complessi che in passato, non possono definire ciò che è comune in termini ultimativi e incontrovertibili tanto più in presenza di una grande pluralità di identità sociali e culturali. Le identità,secondo Innerarity, dovranno essere intese come realtà flessibili, non dovranno chiudersi in se stesse ma valorizzare le singole culture nell'incontro, nella traduzione e narrazione a coloro che sono altro da noi.
Anche se non si può prescindere dal fatto che lo spazio pubblico contemporaneo non può essere inteso come omogeneo e fondato sul consenso, secondo un'idea antica di comunità, bensì va visto come qualcosa di plurale e di incompiuto, caratterizzato da differenze interne e antagonismi, rispettoso della complessità delle nostre società, tuttavia l'agire politico è inscindibile dalla formazione di una comunità, di un vincolo umano dotato di senso, ed è questo un aspetto che implica necessariamente il rifiuto di ogni esercizio di dominazione o di neutralizzazione della pluralità. La sua ambizione più legittima consiste nel promuovere un immaginario positivo del vivere insieme che sia capace di rafforzarsi continuamente attraverso la prospettiva di un agire comune.
A tale scopo può contribuire la democrazia deliberativa che mira a definire luoghi dove costruire in comune orizzonti sociali che prendano atto delle differenze d'interessi ma al contempo non siano mera negoziazione degli stessi. Il potere si potrà configurare come cooperativo, sottratto ai meccanismi di controllo statale autoritario e potrà funzionare con i meccanismi propri dei sistemi complessi, dinamici, flessibili, tendenzialmente autoregolanti.
In quest'ottica  nasce l'esigenza di occupazione di spazi inutilizzati e fruizione degli stessi da parte di nuovi soggetti, spesso esclusi dalla vita democratica del Paese.La funzione di un Centro sociale autogestito, secondo una mia personalissima visione, non è quella di pura contrapposizione al Potere ( più o meno rappresentativo e/o espressione degli elettori), perchè in questo modo legittimerebbero questo Potere, ( se mi siedo allo stesso tavolo in qualche modo riconosco una tua autorità o valenza), ma fornire una diversa chiave di lettura della società nella quale ci muoviamo. Non fornire " servizi ", seppure alternativi a quelli in essere, ma nella più ampia accezione del termine libertà provare ad inventare un mondo dove prevalga la fantasia, dove tutti, nella massima libertà, si possano fare beffe del potere.
" quando passa il gran signore,
il saggio villico fa un profondo
inchino e silenziosamente
scorreggia"
Proverbio etiope