venerdì 11 ottobre 2013

Ho visto degli zingari felici


Ma ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro,

far l'amore e rotolarsi per terra.

Ho visto anche degli zingari felici in piazza Maggiore a ubriacarsi di luna,di vendetta e di guerra.

 Claudio Lolli.



Girando su Facebook , in questi tristi giorni di ottobre, tra le tante immagini , i tanti mi piace, e condividi,  mi sono imbattuto in alcuni post che hanno risvegliato in me il "dovere" di scrivere, non per voi quattro lettori che avete ancora la bontà di seguire questo blog, ma soprattutto per me, per interrogarmi e cercare di dare una risposta ai miei sempre più numerosi dubbi.
La foto ritraeva due zingare con un bambino in un passeggino su un tram o pullman. Il testo che accompagnava la foto recitava " Il bambino non assomiglia a nessuna delle due .. condividi la foto e falla girare" sottointeso, ma non velato, l'avviso di segnalare alle forze di polizia il possibile reato di rapimento di minori.
Non sono qui a raccontarvi i vari "commenti" . Quello che mi colpisce è sempre questa ricerca del "capro espiatorio", del voler colpire il diverso, quello che diventa il mio nemico.
Gli zingari nella loro storia millenaria, non hanno mai avuto uno Stato, non hanno mai combattuto una guerra per allargare i confini, ma non per questo sono considerati in maniera benevola. La loro colpa è di essere diversi.
Da sempre il Potere cerca di individuare il "capro espiatorio" dove far confluire le pulsioni "contro" del popolo bue. E di volta in volta sono gli zingari, gli ebrei, i comunisti, i fascisti, gli anarchici, i neri, i gialli, i rossi, i musulmani, i cattolici; l'arma è sempre la calunnia.
Da bambini sentiamo gli avvertimenti dei grandi: gli zingari rubano i bambini.... attento all'Uomo Nero... i comunisti mangiano i bambini ( no.. questa no.. è un po' di tempo che non si sente.. probabilmente sono morti prima i comunisti), e cresciamo con questi falsi miti.
Quando Marx diceva " proletari di tutto il mondo unitevi" aveva ben compreso che solo abbattendo le barriere degli Stati nazionali, il falso ideale del sentirsi parte di una Nazione,  solo così si poteva sperare di battere il Capitale.
Più si vive alla periferia dell' Impero più si ha la possibilità di essere liberi. Lampedusa rappresenta, per me il paradigma. L'isola deve essere abbandonata dal Potere, perchè il Potere sa che lì troverà la sua sconfitta. A un popolo di pescatori come può far presa parlare di confini nazionali, di difesa della razza, di conservazione dei diritti per gli indigeni.
L'uomo di mare è da sempre Uomo del mondo, integrato nella Natura, con i suoi ritmi e i suoi cicli; aperto alle altrui culture; tollerante e disposto a spezzare il pane e bere il vino senza chiedere niente all'Altro.
A gente che non ha niente, che fugge dalla morte per inedia possono far paura i CIE? morire in mare o a casa propria fa differenza?
L'incontro di questi due mondi, il migrante e il pescatore, per il Potere è letale. Il Potere non può usare le sue armi; la calunnia non colpisce e nemmeno la promessa  dello status quo serve.
L'isola deve essere lasciata sola, cercando di non far giungere sul continente il germe della rivolta, e se questo dovesse traversare il mare, ad accoglierlo pronti decine di calunniatori di professione, pronti a difendere il poco, grande, medio, ognuno da la sua definizione di valore.
Vorrei chiudere con un auspicio, prima per me e se vuoi anche per te...
E' tempo di tornare nomadi.Siamo stati sedentari per troppo tempo. Bisogna rimettersi in cammino. (cit. Fabrizio De Andrè)





2 commenti:

  1. "L'incontro di questi due mondi, il migrante e il pescatore, per il Potere è letale. Il Potere non può usare le sue armi; la calunnia non colpisce e nemmeno la promessa dello status quo serve."

    Che splendida riflessione!!!
    Grazie Pino.
    Personalmente questo post mi hai donato un balsamo con il quale posso tentare di curare le ferite inflittemi in questi ultimi giorni da un ammasso di ipocrisia, violenza verbale e fisica, ignoranza e vuota disumanità.
    Sin da piccolo ho sempre pensato che non c'è nessun merito nell'essere nati in una determinata famiglia, in una determinata città, in una determinata cultura e quindi è vibrato sempre in me, nel profondo, quel senso di appartenenza a quella, che Edgar Morin chiama, "comunità di destino" cioè l'intera comunità umana sparsa su questo globo, situato in una galassia periferica di un immenso universo.
    In fondo "lo straniero", il "migrante", "lo zingaro" rappresentano, nell'immaginario umano, soprattutto dell'uomo occidentale, quello che potremmo essere ma che per nostra "virtù" non siamo.
    E' la solita autoconsolazione che si innesca per restare in superfice a boccheggiare pensando che questo sia vivere.( restando nelle nostre belle case, con in mano i nostri nuovi telefonini, svolgendo lavori inutili e vuoti, spostandoci in auto per andare in un centro commerciale a passare le nostre domeniche pomeriggio, ecc.)
    Come De Andrè, anche io ho sempre trovato che c'è "poco merito nella virtù e ancor meno demerito nell'errore".
    L'unica cosa che veramente desidero in questo momento è che sull'intero globo scendesse un immenso ed infinito silenzio.
    "Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo" (F. De Andrè)

    P.s. voglio ricordarti un mio vecchio e breve post che puoi trovare all'indirizzo www.contraddittoriale.blogspot.it/2011/10/storie-di-zingari.html

    RispondiElimina
  2. Bella riflessione Pino, grazie!
    A presto, Marco Mangone

    RispondiElimina